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lunedì 30 marzo 2015

La schiacciata di Pasqua di noi toscani


Nasce nella seconda metà dell’ottocento come prodotto della campagna toscana dall’ingegno delle famiglie contadine che pensarono di impiegare l’abbondante produzione di uova del periodo della Quaresima nella preparazione di un dolce da destinare alle festività pasquali.
La particolarità di questo dolce sta ancora nel processo di lievitazione naturale che avviene in tre fasi “ritoccando” l’impasto, cioè aggiungendovi in due volte gli ingredienti e grazie al calore sprigionato nella classica madia dai vecchi bracieri, utilizzati in quei tempi anche per scaldarsi.
Dolce assolutamente equilibrato con pochi grassi e non moltissime calorie. E' ottimo accompagnato con la cioccolata delle uova di Pasqua e con il Vin Santo locale. Ma c'è anche chi non lo disdegna inzuppato nel caffelatte la mattina a colazione .

Ingredienti

3 schiacciate da 1 Kg ciascuna:

- Farina 1500 grammi di farina manitoba ;
- Zucchero semolato 500 g ;
- Burro 250 g ;
- Olio extravergine di oliva toscano 50 g ;
- Uova 8 (5 intere, 3 tuorli e 3 chiare per spennellare da mettere da parte) ;
- Lievito di birra 85 g ;
- uvetta sultanina 500 g ;
- Vin Santo metà bicchierino da liquore ;
- Sale 5g ;
- Miele 1 cucchiaio ;
- 2 aranci (scorza e succo) ;
- una tazza di latte

Tempo di preparazione e cottura: 18 h circa, dipende dai tempi di lievitazione

Preparazione

1° lievito o lievitino bianco

Sciogliete 85 gr. di lievito in una tazza da circa125 g riempita di latte tiepido e lavoratelo con circa 150 g circa di farina . Lasciate lievitare finché non forma tante bollicine e comunque raddoppia di volume, coperto con un panno al caldo in una madia (circa 20 minuti), utilizzando una pentola di acqua calda per infondere il calore necessario o tenedolo vicino ad un termosifone o un calorifero .
Mettete l'uvetta in ammollo in acqua calda .

2° lavorazione o primo ritocco (dopo circa 20 minuti)

Unite al lievitino metà di tutti gli ingredienti: 750 g di farina, 2 uova intere e 2 tuorli, 250 g di zucchero, 125 g di burro leggermente ammorbidito, 25 g di olio extravergine di oliva, 250 g di uvetta , ½ Vin Santo , un pizzico di sale, miele, ½ arancia (scorza e succo) .
Lavorate a mano o con l'impastatrice finché l'impasto non diventa setoso ed omogeneo. La consistenza è morbida. A questo punto rimettete a lievitare al caldo .
I tempi di levitazione non sono misurabili esattamente, dipende molto dalla temperatura della stanza . La lievitazione è ottimale quando raddoppia il suo volume .
3° lavorazione o secondo ritocco

Unite il resto degli ingredienti e impastate come nella fase precedente. Questa lievitazione viene fatta nelle teglie (3 da 18 cm di diametro) dove poi avverrà la cottura. Quindi prendete l'impasto, versatelo su una base di marmo unta di olio, dividete l'impasto in tre e disponetelo nelle teglie unte con olio evo . Rimettete a lievitare come al solito nel forno.
Questa è la parte più delicata perché se non lievitano correttamente il risultato sarà compromesso.
Al temine della lievitazione, (sarebbe ottimale lasciare passare almeno 12 ore) , mettete le teglie nel forno (ovviamente si possono fare più cotture nei forni di casa) dopo aver spennellato la superficie delle schiacce con le chiare di uovo , mettete un pentolino con acqua e portate il forno a 160°/ 180° circa. Si lascia cuocere per almeno 50/60 minuti , poi si sfornano e si lasciano riposare e raffreddare bene prima di maneggiarle .

Si mantengono molto bene per tutta la settimana di Quaresima in sacchetti di nylon .

Un vecchio documento racconta..

"Ogni famiglia la confezionava nella propria casa. Quando la pasta era pronta veniva sistemata nelle teglie di rame. Con i grumi di pasta rimasti le mamme preparavano il “corollo”, una ciambella che veniva posta sopra un pezzo di carta oleata. Le teglie con le schiacciate e il corollo venivano messi a lievitare nella madia. La lievitazione però si rivelava sempre molto problematica. E siccome le schiacciate venivano preparate dopo la cena dovevamo vegliarle per vedere se lievitavano. Stabilivamo dei turni. Se a mezzanotte la pasta non si era mossa dovevamo farle fare i fumacchi: mettevamo dentro la madia alcune pentole di acqua bollente e affidavamo al loro vapore acqueo il miracolo della lievitazione. Se il miracolo non avveniva portavamo le schiacciate in “cardana” (un pertugio sopra il fondo) verso le sei di mattina. Al fornaio di via della Valle portavamo anche un uovo con il quale doveva spennellare la superficie delle schiacciate prima di metterle in forno. Io non vedevo l’ora di prendere il corollo perché potevamo mangiarlo il Sabato Santo, giorno di Resurrezione: le schiacciate era tassativo, venivano “incignate” soltanto la domenica di Pasqua."

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